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Il nuovo orario di lavoro non si può applicare ai medici convenzionati

di Ermanno De Fazi

04 MAR - Egregio Direttore,
la Direttiva Europea 2003/88 relativa al nuovo orario di lavoro, in vigore dal 25 novembre 2015, non ha determinato, a nostro avviso, lo stesso impatto mediatico e le medesime criticità funzionali e organizzative nei due distinti comparti della Sanità Pubblica, rappresentati dai medici dipendenti/dirigenti del SSN e dai medici convenzionati.
 
Importanti elementi giuridici e contrattuali confluiscono a favore della non estensibilità delle relative disposizioni a tutto il personale medico convenzionato, a cui la normativa europea non fa alcun esplicito riferimento ed il cui rapporto di lavoro esula dall’ambito del pubblico impiego.
 
Per evitare la possibile difformità d’interpretazione della Direttiva Europea 2003/88, verificatasi più volte negli ultimi mesi con ripercussioni spesso negative sull’assetto operativo dei Servizi attivi sul territorio, e favorirne la corretta applicazione in ogni Azienda Sanitaria, ritengo si debba tener conto delle seguenti specificità dei medici convenzionati:
 
a) esiste tra Ente pubblico e medici convenzionati una condizione di parità, con la conseguenza che la ASL non può esercitare alcun potere autoritativo sul medico all’infuori di quello di sorveglianza (Cons. di Stato, sentenza n. 3291 del 04.06.2012); 
 
b) il rapporto di lavoro tra medico convenzionato e SSN si inquadra come lavoro autonomo para-subordinato, caratterizzato da una collaborazione coordinata e continuativa regolata dal diritto privato (art. 2222 del Cod. Civ.); 
 
c) non è possibile trasformare il rapporto di lavoro convenzionato autonomo in rapporto di lavoro dipendente di pubblico impiego (Cons. di Stato, sentenza n. 1736 del 2011);
 
d) nella para-subordinazione non è identificabile un soggetto attivo qualificabile come “datore di lavoro”(Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 18975 del 2015); e) l’art. 17 della Direttiva Europea 2003/88 stabilisce che una condizione in cui gli Stati Membri possono derogare le disposizioni sulla tutela dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, si ha “quando la durata dell’orario di lavoro non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi”, in particolare “quando si tratta di persone aventi potere di decisione autonomo”.
 
Certamente i medici convenzionati, soprattutto coloro che svolgono un doppio incarico tra quelli previsti dagli Accordi Collettivi Nazionali per la Medicina Generale, possono essere esposti come i dipendenti agli effetti negativi dello stress lavoro-correlato e, quindi, suscettibili di forme di tutela nello svolgimento delle proprie attività.
 
Tuttavia, occorre ricordare che nella maggior parte dei casi le prestazioni lavorative offerte dai convenzionati si svolgono in totale assenza di tutele, come l’assistenza malattia, le ferie, i riposi, le pause pranzo, il TFR e quant’altro contemplato, invece, nei rapporti di lavoro della dipendenza.
 
L’autodeterminazione nel lavoro, in tali specifiche circostanze, è stata sempre riconosciuta come l’unica modalità di adattamento del medico convenzionato alle mutevoli condizioni di lavoro.
In questa fase, caratterizzata da grandi incertezze e inappropriate decisioni, merita un elogio il pronunciamento dell’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia che, in una sua recente delibera (prot. n. 95572 del 14 dicembre 2015), ha sancito che le normative europee sull’orario di lavoro non si estendono al personale medico convenzionato.
 
Ermanno De Fazi
Vice segretario SMI-Lazio

04 marzo 2016
© Riproduzione riservata

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