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La sanità italiana e la dura Legge del Pil

di Giovanni Leoni

27 GIU - Gentile direttore,
Una percentuale del Prodotto Interno Lordo  il mitico  PIL  è dedicata al finanziamento della spesa sanitaria pubblica,  deriva dai contributi e dalla tasse di tutti noi, cittadini e imprese. Per il 2016 la spesa prevista per l’’Italia è di 111 miliardi di euro. Secondo le previsioni del Documento Economico Finanziario  del governo - Il DEF - nel triennio 2017-2019 il PIL crescerà in media del 2,8% per anno, mentre la spesa sanitaria aumenterà annualmente a un tasso medio dell’1,5%:
 
Se le stime del DEF  su aumento del PIL e spesa sanitaria sono corrette – afferma  il Presidente  della Fondazione  GIMBE di Bologna  la chiave di lettura è solo una: crescendo meno del PIL nominale, la spesa sanitaria non coprirà nemmeno l'aumento dei prezzi.
 
In data 11 febbraio 2016 l’Intesa Stato-Regioni  ha  rideterminando il fabbisogno sanitario nazionale in 113 miliardi  di euro per il 2017 e in 115 miliardi per il 2018 affidando alla Sanità il contributo per i risparmi alla finanza pubblica  (3,5 miliardi per il 2017 e 5 miliardi per il 2018 e 2019).
 
Ma il dato più preoccupante è che, secondo le stime del DEF, nel triennio 2017-2019 il rapporto tra spesa sanitaria e PIL decrescerà dello 0,1% anno, attestandosi al 6,5% nel 2019.
 
Nella classifica dei sistemi sanitari più costosi, è ben noto che gli USA occupano stabilmente da decenni la posizione più alta, con una spesa sanitaria che rappresenta il 16,4%  del PIL e con una spesa sanitaria pro-capite di 8.713 dollari. I gradini più bassi del podio dei sistemi sanitari “ricchi” sono occupati da Svizzera (11,1% del PIL e 6,325 $ procapite) e Olanda (11,1% del PIL e 5,862 $ procapite). 
 
Eppure il sistema americano,. basato sulle assicurazioni e sui loro interessi economici lascia 30 milioni di americani  tuttora senza copertura sanitaria, nonostante Obama avesse  previsto l’istituzione di un’assicurazione pubblica (public option) al centro del suo programma politico originario.
Ma l’assistenza pubblica  sarebbe entrata in competizione con le assicurazioni private, e le lobby  sono riuscite  alla fine ad affossare il progetto.
 
Al contrario in Italia abbiamo un  SSN  universalistico in cui tutti i cittadini  sono uguali in caso  di malattia, un sistema da preservare e difendere per l’interesse comune.
 
Se si scorre la letteratura recente in materia di risparmio in sanità si incontrano articoli che trattano invariabilmente della riduzione di spesa e di “efficentamento” del sistema, inteso come aste centralizzate per ridurre i prezzi, indagini sulle malattie del personale per diminuire le assenze in servizio,  riduzione della spesa del personale con il blocco del turnover, riduzione dei posti letto e diminuzione dei tempi di degenza dei pazienti,
 
E nella pratica è costate la ricerca di far  lavorare di più il personale,  ridurre la spesa bloccando le retribuzioni, a volte costringendo medici ed infermieri  a sistematici straordinari a volte pagati a volte  “coatti” per colmare i buchi di organico, a fronte di una richiesta di salute in crescita costante per numero assoluto di prestazioni e attesa di risultato da parte della popolazione. il tutto  facendo leva sullo spirito di servizio di un personale generoso per natura che ha dedicato la sua vita lavorativa ed oltre  alla  cura dei malati.
 
Le conseguenze  di questa reiterata politica, trasversale da destra e sinistra, è stato l’invecchiamento del personale sanitario in servizio - l’età media  del medico ospedaliero è di 53 anni con il 40% che ha più di 60 anni.
 
Non è possibile proseguire sulla strada negativista all’evoluzione del ricambio generazione nel personale sanitario ed insistere sulla necessità assoluta del risparmio di spesa evidenziando come lo stato attuale delle finanze in sanità sia frutto di una precisa scelta politica, dettata da lucidi indirizzi alternativi di allocazione delle risorse.    
 
In termini pratici se l’Italia avesse la stessa percentuale  della Francia la sua spesa sanitaria pubblica passerebbe come per magia  dagli attuali 111 miliardi di euro ad oltre 130 miliardi di euro.
 
“In un ottica di finanza pubblica – conclude Nino Cartabellotta –  GIMBE _ siamo indubbiamente di fronte ad una strategica intesa Stato-Regioni, oculatamente non data in pasto ai media. Secondo una prospettiva di sanità pubblica,  l’11 febbraio 2016 rischia di passare alla storia come la data in cui Stato e Regioni hanno assestato il colpo di grazia al Ssn”.
 
Differenza fra sistemi sanitari regionali a parte, l’ “Efficentamento” deve includere non solo la  Sanità ma anche la Politica ed il suo atteggiamento verso il vero patrimonio del SSN  la qualità e la dedizione del personale che manda avanti tutto il sistema.
 
 
Giovanni Leoni
Presidente Omceo Venezia

27 giugno 2016
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