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Per il Censis la sanità italiana è sempre più “privata”: il 62% di chi ha avuto una prestazione dal pubblico ne ha pagata una anche nel privato


Per l’istituto di Giuseppe De Rita, che oggi ha presentato il suo 53° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, il rapporto degli italiani con la sanità appare improntato sempre di più a una logica “combinatoria”: vale a dire che per avere ciò di cui hanno bisogno si rivolgono in maggioranza sia al pubblico che al privato. Su 100 prestazioni rientranti nei Livelli essenziali di assistenza che i cittadini hanno provato a prenotare nel pubblico, 27,9 sono transitate comunque nella sanità a pagamento.

06 DIC - E’ arrivato alla 53ª edizione il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. E come ogni anno la sanità occupa una buona parte del capitolo dedicato al welfare.
 
La chiave di lettura che offre il Censis per questo capitolo è quella della “logica combinatoria”. Con questi termini l’istituto di Giuseppe De Rita  dà la sua lettura della crescita della domanda di prestazioni dal privato in “combinazione” con l’ottenimento di prestazioni dal pubblico.
 
Tradotto:  “Il rapporto degli italiani con la sanità, si legge nel rapporto, è sempre più improntato a una logica combinatoria: per avere ciò di cui hanno bisogno per la propria salute, si rivolgono sia al Servizio sanitario nazionale, sia a operatori e strutture private, a pagamento”.
 
Nell’ultimo anno , ecco i dati, il 62% degli italiani che ha svolto almeno una prestazione nel pubblico ne ha fatta anche almeno una nella sanità a pagamento: il 56,7% di chi ha un reddito basso e il 68,9% di chi ha un reddito di oltre 50.000 euro annui.
 
Per il Censis ci si rivolge al di fuori del Ssn sia per motivi soggettivi, per il desiderio di avere ciò che si vuole nei tempi e nelle modalità preferite, sia per le difficoltà di accedere al pubblico a causa di liste d’attesa troppo lunghe.
 
Nell’ultimo anno su 100 prestazioni rientranti nei Livelli essenziali di assistenza che i cittadini hanno provato a prenotare nel pubblico, 27,9 sono transitate nella sanità a pagamento, con marcate differenze territoriali: il 22,6% nel Nord-Ovest, il 20,7% nel Nord-Est, il 31,6% nel Centro, il 33,2% al Sud.
 
Forte poi è la pressione della spesa sanitaria privata: per l’81,5% degli italiani pesa molto o abbastanza sul bilancio familiare (il 77,8% di chi risiede nel Nord-Ovest, il 76,5% nel Nord-Est, l’82,5% nel Centro, l’86,2% al Sud).
 
 
Cresce negli italiani la consapevolezza di un significato più ampio di benessere. Per il 41,3% degli italiani, rileva il rapporto Censis, stare bene significa trovarsi in uno stato di benessere psicologico, di soddisfazione, tranquillità e felicità. Dieci anni fa solo il 17,4% degli italiani la pensava così.
 
Nella nuova e allargata concezione di benessere che si è affermata nell’ultimo decennio un ruolo significativo spetta alla sessualità.Il 71,4% dei 18-40enni italiani che hanno rapporti sessuali è molto o abbastanza soddisfatto della propria vita, mentre la quota scende al 52,5% tra chi non ha rapporti sessuali.
 
Ma se una vita sessuale soddisfacente innalza il benessere soggettivo, su un ambito decisivo per la salute come quello della prevenzione sessuale, sottolinea il rapporto, i giovani sono ancora un passo indietro, con comportamenti poco attenti a mettersi al riparo dai rischi. Il 57,9% dei 18-40enni ha fatto sesso senza usare alcun metodo contraccettivo e il 18,2% ha utilizzato il coito interrotto. Solo il 21,6% dei millennial ha sempre utilizzato contraccettivi.
 
La solitudine della non autosufficienza. Oggi in Italia le persone non autosufficienti sono 3.510.000 (+25% dal 2008), in grande maggioranza anziani: l’80,8% ha più di 65 anni. Non è autosufficiente il 20,8% degli anziani.
 
Insufficienti e inadeguate sono le risposte pubbliche a un fenomeno destinato a crescere, considerato l’invecchiamento progressivo della popolazione. Il 56% degli italiani dichiara di non essere soddisfatto dei principali servizi socio-sanitari per i non autosufficienti presenti nella propria regione (il 45,5% dei residenti al Nord-Ovest, il 33,7% nel Nord-Est, il 58,2% nel Centro, il 76,5% al Sud).
 
L’onere della non autosufficienza, si legge nel rapporto, ricade direttamente sulle famiglie, chiamate a contare sulle proprie forze economiche e di cura. Per il 33,6% delle persone con un componente non autosufficiente in famiglia le spese di welfare pesano molto sul bilancio familiare, contro il 22,4% rilevato sul totale della popolazione.
 
Forte, conclude il rapporto, è la richiesta delle famiglie di un supporto anche economico: il 75,6% degli italiani è favorevole ad aumentare le agevolazioni fiscali per le famiglie che assumono badanti.
 
Un popolo sotto stress. Nel corso dell’anno il 74% degli italiani si è sentito molto stressato per questioni familiari, per il lavoro o senza un motivo preciso. Al 55% è capitato talvolta di parlare da solo (in auto, in casa). E secondo il 69% l’Italia è ormai un Paese in stato d’ansia (il dato sale al 76% tra chi appartiene al ceto popolare).
 
Del resto, nel giro di tre anni (2015-2018) il consumo di ansiolitici e sedativi (misurato in dosi giornaliere per 1.000 abitanti) è aumentato del 23% e gli utilizzatori sono ormai 4,4 milioni (800.000 di più di tre anni fa). Disillusione, stress esistenziale e ansia originano un virus che si annida nelle pieghe della società: la sfiducia. Il 75% degli italiani non si fida più degli altri, il 49% ha subito nel corso dell’anno una prepotenza in un luogo pubblico (insulti, spintoni), il 44% si sente insicuro nelle vie che frequenta abitualmente, il 26% ha litigato con qualcuno per strada.
 
E infine un dato controcorrente (che non è sfuggito al presidente della Fnomceo) considerando il quadro di quella che il rapporto definisce appunto, come una "società ansiosa di massa macerata dalla sfiducia": oggi, segnala il Censis, solo il 18% degli italiani non ha fiducia nei medici di base e la percentuale scende al 9% nel caso degli specialisti. Partiamo da qui, verrebbe da dire.

06 dicembre 2019
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