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Unità sindacale dei medici. Vera o di comodo?

di Ivan Cavicchi

La verità è che gli interessi in ballo sono molto diversi e senza un “progetto di medico”, ma anche di sanità, conciliarli è molto difficile. Per cui è fin troppo scontato parlare di “ruolo”, di “centralità” di “azienda”, di “governance”, ecc. sono tutte cose talmente generiche sulle quali è “facile” essere unitari (terza parte)

08 FEB - Sino ad ora ho dato un giudizio sintetico  della “piattaforma”  che i medici hanno reso pubblica, (Fnomceo“piattaforma  della professione per i principi del Ssn universalità equità solidarietà e sostenibilità). Ma che cosa è una piattaforma? Prima di tutto essa è una metafora di basamento, che traslata in senso politico-sindacale vale come programma di proposte e di richieste per una trattativa.
 
Quella dei medici in questo senso non è una piattaforma ma un classico “cahier de doléances (quaderno delle lamentele) cioè è un genere di piattaforma puramente rivendicativa  (un elenco di richieste  che il  sindacato rivolge al governo considerandolo un datore di lavoro). Essa:
· lamenta torti e ingiustizie ma  non propone un granché  dando per scontato che il gioco sia sostanzialmente  invariante cioè non ha  progettualità,
· lamenta  soldi, una centralità e una sanità da ritoccare qua e là, ma senza dare nulla in cambio cioè la professione non è vista come fattore di cambiamento,
· chiede che  il medico torni ad essere quello che era prima e quello che è sempre stato per cui  essa rivendica un negoziato che però non è una transazione...ma  semplicemente una  pretesa, legittima naturalmente, ma pur sempre una pretesa.
 
Insomma l’intersindacale e la Fnomceo chiedono digrignando i denti che si restituisca al medico il maltolto e quindi chiedono al governo non solo soldi (il che è già parecchio difficile) ma molto di più, cioè di fermare la storia e se possibile di tornare indietro nel tempo. La piattaforma rivendicativa dei medici tradisce così una debolezza che nessuna vertenza seria di nessun tipo può permettersi pena il rischio di andare fuori gioco, che è quella di essere fuori contesto, cioè di essere implausibile.
 
Essa è in effetti implausibile non per quello che chiede, perché quello che chiede se i contratti funzionassero sarebbe dovuto, ma perché è totalmente indifferente al contesto, alle politiche in essere, alle caratteristiche della sua controparte, perché propone un interesse comunque autoriferito e in questo senso egocentrico.
 
Sono ormai 10 anni che i medici sono sconfitti sul campo ma la ragione della loro sconfitta permanente non è un difetto di mobilitazione perché quando vogliono sanno mobilitarsi ma è il loro pretendere di invertire l’ordine delle cose, indifferenti al mondo che cambia.
 
Personalmente sono colpito dalla differenza che noto tra questa piattaforma e la “dichiarazione di consenso” licenziata dalla prima conferenza nazionale della professione medica (Fiuggi 13/14 giugno 2008). I contenuti grosso modo sono gli stessi (più o meno ampiamente trattati) ma lo spirito è diverso.
 
Lo spirito di Fiuggi era scambiare una “buona sanità” con una “buona qualità professionale ma nell’ultima piattaforma questo scambio ma soprattutto questo spirito non c’è più. Al suo posto c’è:
· la denuncia e la rivendicazione tout court più o meno abbellita da alcuni questioni  generali,
· alcune vistose contraddizioni come quella tra universalismo e mutue integrative  che si spiegano  con gli interessi diversi che esistono tra i sindacati.
 
Per capire lo spirito di questa piattaforma bisogna leggere il suo epilogo nel quale, a parte l’appello retorico ai cittadini, c’è la proposta politica rivolta al governo: un nuovo patto (una idea più logora e inflazionata di patto non esiste) per valorizzare il ruolo del medico assumendo la professione come interlocutore istituzionale...ma senza andare al di là di un millimetro delle generiche disponibilità (governance, sostenibilità, tutela della salute, ecc.).
 
Un “patto” è praticamente un “accordo” ma su cosa? Su quali basi? Quali i termini dello scambio? La cosiddetta “piattaforma” sulla quale si è dichiarato uno sciopero di 48 ore non risponde, il che fa dedurre che con “patto” si intende una donazione benigna ai medici, una concessione, semplicemente perché essi sono medici. I “medici - si legge alla fine del documento - siano riconosciuti come vera risorsa civile, sociale ed economica del Paese”.
 
Ora sul principio sono d’accordo anche io (altrimenti non avrei scritto un e-book sulla “questione medica”), principio che vale però per tutte le figure professionali e che io traduco “il lavoro sia la risorsa” perché sono convinto che se il lavoro non è un capitale è difficile che lo sia quello dei medici, ma chiedo:
· con quello che  accade  nella sanità basta  un semplice atto apologetico?
· Basta l’apologia di se stessi per rispondere al cambiamento che è richiesto?
· Basta chiedere non al governo ma alla storia di essere clemente con chi rischia di restarne fuori?
· Ha senso chiedere di essere una eccezione al mondo che cambia?
 
I medici sparano scioperi e non solo, eppure sanno che:

· la medicina generale dovrebbe essere ripensata  perché è ferma al medico della mutua,
· il modello di ospedale è di un secolo fa,
· si dovrebbe integrare quello che è diviso (territorio/ospedale),
· che si dovrebbero eliminare le diseconomie e i costi degli opportunismi professionali,
· che si dovrebbe  riorganizzare il lavoro perché le organizzazioni tayloristiche costano troppo e funzionano male,
· che si dovrebbe ripensare il concetto di lavoro perché è in fondo al congelatore del sindacato da almeno 50 anni,
· che si dovrebbero ripensare i rapporti tra professioni,
· eccetera, eccetera…
 
Ma allora perché una piattaforma che non è una piattaforma? Oltre ai problemi affrontati negli articoli precedenti ce n’è un altro che ha a che fare con la necessità dei medici di essere uniti per essere più forti e nello stesso tempo di essere diversi per tutelarsi ognuno il loro proprio interesse sub categoriale. L’unità dei medici, l’intersindacale, è una unità opportunistica ma senza un progetto comune.
 
Non è un team working ma semplicemente un insieme di debolezze regolate da un opportunismo variabile. Ciò che permette all’intersindacale di fare una piattaforma comune come quella che è alla base dello sciopero dichiarato è un semplice precetto “per fare unità si deve essere generici”. La piattaforma per avere il più alto grado di estensione cioè per rappresentare tutti gli interessi in gioco deve essere la più generica possibile, perché se entra nel merito, gli interessi diversi rischiano di dividere il fronte.
 
L’obiettivo vero non dichiarato dalla piattaforma è indurre il governo a riaprire i tavoli negoziali dopodiché ognuno farà il suo gioco. E’ noto lo spiccato e disinvolto opportunismo di alcune sigle sindacali che abitualmente ragionano con la logica delle geometrie variabili, queste oggi sono nell’intersindacale ma solo perché da sole sono troppo deboli per avere il tavolo che cercano. Se esse potessero si sfilerebbero subito e giocherebbero la loro partita in proprio.
 
La verità è che gli interessi in ballo sono molto diversi e senza un “progetto di medico”, ma anche di sanità, conciliarli è molto difficile. Per cui è fin troppo scontato parlare di “ruolo”, di “centralità” di “azienda”, di “governance”, ecc. sono tutte cose talmente generiche sulle quali è “facile” essere unitari.
 
Sarebbe difficile essere unitari se la piattaforma entrasse nel merito delle proposte che servono. Da alcuni anni ad esempio, è in atto un accanimento contro gli ospedali e gli ospedalieri continuano a pagare un prezzo altissimo, a volte non sempre giustificato. E questo stato di cose è stato favorito non solo dallo storico surplus di posti letto che ormai si sta esaurendo, ma anche da una irragionevole intransigenza dei medici di medicina generale che si rifiutano ad ogni tipo di integrazione o altra soluzione organizzativa.
 
Nonostante ciò anche recentemente abbiamo assistito a strane alleanze tra i sindacati di queste categorie (Qs, 27 maggio 2015).
 
In conclusione la piattaforma:
· è funzione del quadro dirigente e del grado di unità che riesce a fare
· è unitaria solo grazie  al suo grado di opportunismo
 
Questo spiega perché Fnomceo e intersindacale non riescono a mettere al centro della loro rivendicazione la “questione medica”. Si tratta di una questione che anziché unificare divide perché essa obbliga a decidere che razza di medico proporre, come organizzare il suo lavoro nei vari servizi, come pagarlo, che risultati si devono ottenere, come mettere fine ai comportamenti professionali scorretti, quali rapporti con gli altri, ecc.
 
Quindi ancora una volta la divisione vera e profonda tra i medici passa tra invarianza e cambiamento. Sul passato sono tutti d’accordo ma sul futuro è un altro paio di maniche. Come risolvere questa divergenza interna per essere, agli occhi del governo, tutti uniti? Semplice: chiedergli un patto di invarianza che incoroni i medici come dei principi sovrani.
 
A Roma c’è un modo di dire che nasce dall’avanspettacolo e che viene da un personaggio con l’aria del bullo, parecchio sbruffone e che pur essendo mingherlino, con un gran naso la gobba e i piedi smisurati, sosteneva di essere il vero erede di Primo Carnera.Da qui la battuta che ancora oggi i romani rivolgono a chi, come i medici, si dà inutilmente delle arie e pretende troppo: “ma chi sei, Cacini?”.
 
Ivan Cavicchi
 
Leggi la prima e la seconda parte. Ultima puntata mercoledì prossimo.

08 febbraio 2016
© Riproduzione riservata

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