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Infermieri. Il potere di curare e la cura del potere

di Alessandro Vergallo

12 NOV - Gentile Direttore,
la vibrante nota di Annalisa Silvestro in risposta all’articolo di Mario Pirani risuona come un diapason. Che vibra non già di contenuti, ma di lesa maestà. La lesa maestà è quella degli Infermieri-Amministratori, non certo quella degli Infermieri che tutti i giorni sono in corsia ad occuparsi dell’assistenza ai Malati. E non certo quella dei Medici che diventano sempre più operai di una sanità-fabbrica con tanti “Dirigenti” negli uffici, a coordinare linee di produzione sempre più asfittiche, a gestire la formazione, a stendere protocolli di cura, etc.; e nei Reparti, a giocare al “piccolo (grande) manager”. Un esercito di generali.

I contenuti mancanti sono quelli relativi ai dati (non alle chiacchiere) su quali siano le risorse sanitarie assunte per occuparsi di assistenza e poi via via incontrollatamente divenute “risorse” di fatto amministrative, con i galloni di Dirigente. Questo è il punto, l’unico su cui la nota IPASVI glissa elegantemente. Cui peraltro avevo personalmente accennato in una mia precedente lettera da Lei gentilmente pubblicata. Senza ricevere smentita.

Ma quanto è elegante evitare il confronto sui numeri e spostarlo sullo “scontro di classe”? La matematica è certo meno elegante della filosofia, ma è più forte. Perché su questo terreno si misurano le risorse e una vera review della spesa e dell’efficienza che tali risorse rappresentano.

Ma i numeri dei Professionisti sanitari pubblici che svolgono unicamente mansioni amministrative e gestionali mancano persino nelle relazioni annuali della Corte dei Conti sul Personale impiegato in Sanità, che non dettagliano quanti Professionisti assunti per curare Malati siano poi transitati dietro le scrivanie. Eppure, non sarebbe difficile mettere questi numeri nero su bianco. Perchè non è mai stato fatto?

Prima o poi con questi numeri occorrerà fare i conti, e con la forza di una scienza esatta, non con la dialettica debole di dichiarazioni che non dichiarano altro se non una consistenza filosofica ricca di parole e povera di concetti.

Che gli uffici degli ospedali pubblici siano repleti, e che le corsie siano vuote di Medici e Infermieri, lo sappiamo tutti, per quanto tempo dobbiamo tollerare che sia negato? E come mai nella Sanità Privata questo problema è assente? Semplice, perché gli i uffici pieni e le corsie vuote non servono ad erogare assistenza. Servono probabilmente a qualcos’altro: nelle corsie si cura, dietro le scrivanie degli Uffici e dei Reparti si gestisce potere.
 
Cordiali saluti.
 
Alessandro Vergallo
Presidente AAROI-EMAC Lombardia

 

12 novembre 2012
© Riproduzione riservata

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