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Infermieri e potere. I cambiamenti nel sistema, nuovi ruoli e responsabilità

di Marco Bugne

14 NOV - Gentile Direttore,
il dibattito che si è acceso tra Medici (pochi) e Infermieri (che fortunatamente hanno privilegiato l'assistenza rispetto alla polemica) ha offerto importanti spunti di lettura e approfondimento di tipo sociologico. Iniziamo dalle fotografie del sistema, partendo da quelle "seppiate" di un tempo, per passare poi a quelle a colori di oggi.
 
Le immagini di ieri descrivono "il dottore" (che era il dottore di tutto e di tutti), l'infermiere (che era il "tuttofare" della lunghissima corsia e delle grandi stanze con "due ali" di letti) e la suora (sergente di ferro che custodiva tutto e che distribuiva con tanta parsimonia, forse più per simpatia che per reale necessità).
Le differenze sociali e culturali tra le diverse figure professionali descritte erano generalmente molto forti, così come le possibilità di sviluppo professionale (almeno per gli Infermieri) erano molto limitate e di modesta gratificazione.
Le immagini a colori di oggi descrivono un medico che è diventato un super-specialista, di un super-settore, operante in un super-contesto, un infermiere che è diventato un "dottore" (al pari degli altri laureati di altre discipline, afferenti ad altre famiglie professionali) e la suora "sergente di ferro" è stata sostituita da un coordinatore al quale è stata richiesta la frequenza a un master di I livello e, in alcuni casi, anche il percorso formativo successivo di Laurea Magistrale.
 
Pensare di stare dentro il "sistema a colori" (fatto da gente formata diversamente rispetto al passato e fortemente motivata) con le regole del "sistema seppiato" è impossibile e anacronistico.
Non è tanto un problema di "potere" quanto una questione di ruoli e di responsabilità, tenuto conto dei nuovi curricula formativi dei professionisti, dei nuovi bisogni della gente e delle necessità di funzionamento del sistema.
E non vale nemmeno la pena di entrare nel dettaglio dei numeri perché emergerebbero dei dati che potrebbero generare ulteriori polemiche (es. il rapporto medici ‰ abitanti che evidenzia la supremazia assoluta nell'ambito dei Paesi OCSE, il rapporto infermieri ‰ abitanti che evidenzia una collocazione al terzultimo posto della stessa declinazione dei Paesi OCSE, una pletora di medici tutti direttori e dirigenti, peraltro senza alcun contenuto formativo di tipo manageriale, etc. etc.).
 
Né è ragionevole affrontare altre questioni che riguardano l'eccessiva frammentazione disciplinare e le conseguenti determinazioni di strutture complesse, non sempre attivate per fini nobili, o le dotazioni organiche dei medici che si sovrappongono, in termini di numerosità, al numero dei posti letto di alcune strutture ospedaliere (che non necessariamente vuol dire un identico numero di malati).
A prescindere dalle ultime "divagazione", tenuto conto della complessità del sistema, diventa ragionevole e logico affrontare ed approfondire altre argomentazioni, a partire dai cambiamenti che hanno interessato il sistema sanitario, in particolare la situazione epidemiologica e demografica, l'aumento della domanda, prevalentemente legata alle situazioni di cronicità, i cambiamenti nella società, nelle condizioni sociali e negli stili di vita.
Sono cambiati anche i modelli organizzativi e i sistemi di cura e assistenza, conseguenza diretta delle evoluzioni scientifiche e tecnologiche che hanno profondamente mutato gli approcci diagnostici, terapeutici, clinico-assistenziali e riabilitativi.
 
E' cambiata anche la formazione dei professionisti, in particolare di 22 professioni che hanno avuto il riconoscimento di "professione sanitarie", di autonomia e responsabilità propria e di specifica progettualità, sulla base delle caratterizzazioni professionali.
Sono stati attivati percorsi formativi di II livello (Laurea Magistrale, master i I e II livello, dottorati di ricerca) specifici per le 22 professioni sanitarie (definite impropriamente "nuove" in quanto esistono da quasi un ventennio - forse non ci si era accorti .... o più semplicemente ha fatto comodo a tanti far finta di non accorgersene).
Anche il sistema ha dovuto modificarsi in maniera continuativa, per rispondere sempre meglio alle necessità di funzionamento del sistema stesso, alle nuove esigenze dell'utenza, alle necessità di garantire l'adeguatezza, l'appropriatezza e la sicurezza delle attività e delle prestazioni, con la conseguente necessità di investire anche nell'apparato gestionale-amministrativo (che ha riguardato tutte le professioni, medici in testa), non tanto per una questione di "potere", quanto per una necessità di adeguamento del sistema alla nuova situazione.
 
Ci può stare che il cambiamento abbia generato delle "distorsioni" e delle "invasioni" di campi diversi da quelli assistenziali, con malumori e "cattivi pensieri" in molte famiglie professionali. L'auspicio è che certe posizioni di coordinamento avanzato e di dirigenza siano di guida e di indirizzo nella definizione dei percorsi e dei processi, nelle buone pratiche, nella ricerca e nell'approfondimento delle evidenze scientifiche e metodologiche, nella formazione, etc. etc., a tutela e garanzia dell'utenza, degli operatori e della stessa azienda.
Indubbiamente i fatti si legano sempre alle persone e può certamente capitare che qualcuno privilegi la posizione di "potere" alla funzione dirigenziale propria ... ma certi atteggiamenti e comportamenti vanno condannati, senza generalizzare verso le negatività, a fronte di tanti comportamenti sicuramente positivi e orientati allo sviluppo dell'organizzazione e al miglioramento dei servizi.
Il nuovo sistema è - per definizione - multi-professionale e multi-disciplinare.
Sulla base di ciò si rappresenta la necessità di “ordinare” il sistema e di codificare le relazioni, le interazioni, le integrazioni, le collaborazioni, le condivisioni ed i livelli di responsabilità, favorendo le interazioni orizzontali (sistema a matrice - come raccomandato dal management moderno) ad ogni livello delle articolazioni organizzative, nel rispetto delle afferenze “di filiera” (line) e delle situazioni trasversali multi-professionali e multi-disciplinari.
 
Oggi è indubbio che il rischio di" confusione" è un possibile problema.
Infatti nella analisi dei processi e nello studio delle interazioni, delle integrazioni e delle condivisioni per ogni livello delle articolazioni organizzative, pur nel rispetto del dettato normativo, si riscontrano numerose sovrapposizioni di attività e di responsabilità, conseguenza diretta della diversa variabile temporale nella produzione legislativa e della evoluzione formativa dei professionisti nel frattempo avvenuta, con la relativa produzione di contenuti normativi.
Non a caso lo stesso CCNL dell’Area della Dirigenza all’Art. 8 (che riguarda le nuove dirigenze professionali, con ovvie conseguenze in tutte le filiere professionali) specifica che, pur nel rispetto del mantenimento delle autonomie e responsabilità proprie della nuova dirigenza, è necessario che le aziende provvedano alla definizione e condivisione dei percorsi, dei progetti, dei processi e dei livelli di responsabilità, al fine di evitare sovrapposizioni e duplicazioni di competenze e, di contro, favorire l’ottimale organizzazione aziendale.
 
Quanto sopra deve tenere conto delle caratterizzazioni delle articolazioni organizzative delle filiere professionali, dei saperi che scaturiscono dagli specifici percorsi formativi, dai ruoli professionali conseguenti, dai contesti operativi e dagli status giuridici di riferimento, con l'attenzione alle necessità di favorire la massima integrazione possibile e il necessario rigore nella declinazione delle attività e delle relative responsabilità, sempre tenendo conto del fatto che i singoli ruoli, pur nelle necessità di integrazione, non hanno le caratteristiche della mutuabilità.
Il sistema è in movimento e non può essere fermato, per una necessità dello stesso sistema, tenuto conto dei tanti cambiamenti avvenuti, di quelli in essere e di quelli che verranno, nell'ambito della "continua ricerca di soluzioni razionalizzatrici e innovative .... senza atteggiamenti puramente difensivi e conservativi dell'esistente" (il Presidente Giorgo Napolitano).
 
Non è tanto un problema di "potere" o di "lobby"; semplicemente è, da un lato, una questione di specificità e di caratterizzazioni professionali, dall'altro lato una necessità di ripensare il sistema con una forma mentis diversa rispetto al passato, in linea con quanto avviene in Europa e nel resto del mondo.
 
Marco Bugne 
Sociologo
 

14 novembre 2012
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