Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Venerdì 19 APRILE 2024
Lettere al direttore
segui quotidianosanita.it

Eutanasia negli ospedali? Gli anestesisti: “La ‘desistenza terapeutica’ non è eutanasia”

di Alessandro Vergallo

27 FEB - Gentile Direttore,
ancora una volta, su un tema di estrema delicatezza come quello legato alle decisioni cliniche su pazienti in condizioni critiche, si preferisce suscitare scalpore invece che instaurare un sereno dibattito, utilizzando come metodo un’inaccettabile confusione dei termini, e, ancor peggio, come approccio, declamando definizioni quantomeno inopportune. Mi riferisco all’intervista, da voi ripresa ieri, ad un caposala del “Careggi”, dal titolo “Io, infermiere vi racconto l’eutanasia silenziosa nei nostri ospedali” pubblicata su “Repubblica” del 26 febbraio u.s.
 
L’ennesima occasione in cui un “attore” coinvolto nella questione (che parla nello specifico a titolo personale, ma con risvolti che assumono – per l’ennesima volta – una dimensione ben più ampia, come vedremo) ha ceduto alla tentazione di entrare a gamba tesa, in spregio ai più elementari principi di correttezza.
 
In primis, nell’intervista in questione, si etichetta come «eutanasia» ciò che invece è riassumibile nel concetto di “desistenza terapeutica”, anche in riferimento al Codice di deontologia medica, che all’art. 16 (Procedure diagnostiche e interventi terapeutici non proporzionati) ben recita: “Il medico, tenendo conto delle volontà espresse dal paziente o dal suo rappresentante legale e dei principi di efficacia e di appropriatezza delle cure, non intraprende né insiste in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, dai quali non ci si possa fondatamente attendere un effettivo beneficio per la salute e/o un miglioramento della qualità della vita”.
 
Non paghi, si insiste sostenendo che l’eutanasia sarebbe un «fatto di tutti i giorni», assumendosene una sorta di coinvolgimento decisionale basato su una stupefacente sicurezza «di fare sempre la cosa più giusta», autoreferenziata, tra l’altro, da una non meglio definita «specializzazione», che porta addirittura ad ipotizzare una «congiura del silenzio».
 
Eppure, chi «ha studiato» dovrebbe ben conoscere, tra l’altro, oltre che la normativa di legge in materia, anche i contenuti del Codice deontologico cui deve riferirsi la sua professione, che sui temi etici, in ordine al rispetto di leggi, ordinamenti, deontologia, non lesina indicazioni; quanto al ruolo assistenziale nel paziente in condizioni critiche, l’art. 35 recita: “L'infermiere presta assistenza qualunque sia la condizione clinica e fino al termine della vita all’assistito…”, non essendosi spinto – perlomeno nella sua attuale versione – a lasciar intendere, un intraprendere di propria iniziativa procedure diagnostiche e interventi terapeutici”.
 
Un altro passaggio, poi, tra altri, alimenta una distorta confusione di ruoli: «…Ma in tutto questo, tu medico da chi sei tutelato? Ci prendiamo dei rischi enormi», con l’uso di un inspiegabile pronome plurale.
 
Inoltre, ben più importante, proprio sul piano dei principi generali di deontologia, sia medica che infermieristica, nessuna norma di legge ci risulta autorizzare o obbligare a «nutrire e idratare anche un vegetale».
 
Infine, in generale, e non solo nei casi più gravi, compete al medico, anche attraverso la preziosa collaborazione di altri professionisti sanitari (ma certamente non sullo stesso piano), beninteso esclusivamente nei suddetti casi più gravi che necessitino di un approccio bioetico, la condivisione con i pazienti, e/o con i loro familiari, della scelta di intraprendere o meno trattamenti terapeutici, e/o di sospenderli qualora si rendano incongrui o sproporzionati rispetto alle condizioni cliniche e ai risultati attesi.
 
E’ auspicabile che tutti i professionisti sanitari, infermieri laureati compresi, si attengano nel loro operare alle norme legislative e deontologiche vigenti, il che non significa avallare o partecipare ad ipotetiche «congiure del silenzio», ma esigere la massima correttezza, in ogni ambito e sotto ogni profilo, nell’affrontare questi temi. Altrimenti, essi continueranno ad essere trattati in modo del tutto scoordinato, e probabilmente senza nessuna reale volontà di risolverne le complesse problematiche.
 
Alessandro Vergallo
Presidente Nazionale AAROI-EMAC

27 febbraio 2015
© Riproduzione riservata

Altri articoli in Lettere al direttore

lettere al direttore
ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy