toggle menu
QS Edizioni - venerdì 29 marzo 2024

Lettere al Direttore

La politica smetta di citare fuori luogo il metadone

di Luigi Stella
7 settembre - Gentile Direttore,
adesso basta! Ma non lo diciamo in modo arrogante o con rabbia, ma in modo pacato e cortese e senza alcun spirito polemico. L’ennesima esternazione di ieri dell’On. Giorgia Meloni, mi induce a dire qualcosa sull’argomento. L’On. Meloni non è l’unica, anche se recidiva ( A Napoli dove presentò il suo libro aveva dichiarato: “Il reddito di cittadinanza è come il metadone per i tossicodipendenti, io sono per abolirlo” non voglio tirarti fuori dalla droga ma mantenerti nella tua condizione”) e a Cernobbio si è ripetuta: “Metadone di Stato”, e poi l’ha spiegato meglio alla Fiera del Mobile di Rho, dal suo punto di vista: “Io ho detto una cosa molto precisa, che la mentalità con cui lo Stato approccia il problema della povertà con il reddito di cittadinanza è la stessa mentalità con la quale lo Stato approccia il problema della tossicodipendenza, cioè con il mantenimento a metadone”.

Tutte esternazioni inappropriate sul metadone cloridrato, che è e rimane un farmaco molto efficace, sia nell’analgesia che nella terapia da dipendenza da oppiacei (morfina ed eroina). Devo anche dire che il Metadone Cloridrato è un argomento molto trasversale, si cimentano molti politici nel fare paragoni di ogni genere. Letta (“non aiuta a stare meglio è metadone”), ecc., ma gli stessi commenti sulle parole dell’On. Meloni non sono da meno: per Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) la frase di Meloni è “offensiva”, mi chiedo è offensiva per entrambi?

Per prima coca chiariamo che non è lo Stato che prescrive il metadone cloridrato, ma sono i medici dei Servizi Pubblici (Ser. D.) e Privati in scienza e in coscienza. Il metadone cloridrato fu sintetizzato dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale, quando gli americani interruppero le spedizioni in Germania di oppio e non disponendo di farmaci per l’analgesia (dolore), isolarono tale molecola. A cavallo degli anni sessanta due illuminati scienziati americani, (Dole e Newwander), lo introdussero nella terapia di decondizionamento e detossificazione da oppiacei per la sua più lunga durata di azione e maggiore maneggevolezza (è attivo per via orale) rispetto all'eroina.

Per il metadone cloridrato esistono delle Linee Guida stilate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Dipartimento di Salute Mentale e Abuso di Sostanze, in collaborazione con l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Controllo della Droga e la Prevenzione del Crimine (UNODC, United Nations Office on Drugs and Crime), con un gruppo di specialisti, membri della Commissione per la Stesura delle Linee Guida, e con la consulenza del segretariato dell’Organismo Internazionale per il Controllo degli Stupefacenti (INCB, International Narcotics Control Board) e di altri dipartimenti dell’OMS. Per cui i medici italiani si attengono alle Evidence Based Medicine (EBM), e non certo alle esternazioni dei politici.

Quando è stato introdotto metadone cloridrato in Italia, i programmi erano rigorosamente a breve termine ed era difficilissimo rientrare in questi programmi. Purtroppo, i risultati erano catastrofici, un numero altissimo di decessi per overdose da eroina (più di 1500/anno) e non parliamo dell’epidemia da HIV (AIDS) che si stava diffondendo a macchia d’olio tra questo target. Su queste basi il metadone cloridrato fu introdotto in Italia e ha svolto egregiamente il suo compito. Oltre alla letteratura scientifica internazionale che riportava la sua efficacia, anche il campo confermava i dati della letteratura, si è visto che i programmi a breve termine, non erano efficaci e applicando metodologie con programmi a medio e a lungo termine, già sperimentate, si sono ridotti negli anni sia i decessi (intorno ai 150/anno per oppiacei) che il dilagare delle infezioni HIV e quindi casi di AIDS conclamato.

Voglio solo far notare che, indipendentemente da come si diventa dipendenti che queste persone hanno bisogno di essere curate. Sappiamo che anche se i farmaci agonisti (per informazione, oggi, ma sono trascorsi 22 anni dall’introduzione in terapia di un secondo farmaco, abbiamo due farmaci che impieghiamo nella dipendenza da oppiacei, appunto il metadone cloridrato e la buprenorfina cloridrato), nella vera pratica clinica, non consentono, la "guarigione" completa di tutti, come dicevamo, c'è una folta letteratura da Dole e Nyswander in poi che dimostra la riduzione dell'assunzione di oppiacei, con dosaggi appropriati in modo i che pazienti possano avere un controllo della Loro dipendenza, interrompendo o riducendo l’assunzione di sostanze, il che rientra a pieno titolo nelle “harm reduction policies”.

Gli studi sulle conoscenze scientifiche sulle dipendenze e sul suo trattamento sono significativamente aumentati nel corso degli ultimi due decenni. Oggi, abbiamo una migliore comprensione degli effetti delle droghe sul cervello, maggiori trattamenti innovativi e più efficaci rispetto al passato.

Altrettanto lapalissiano è, senza entrare molto nei tecnicismi, che molte sono le evidenze che le dipendenze hanno una base condivisa. Ormai è sapere comune e acclarato da moltissime evidenze scientifiche che la problematica trova le sue radici nel fatto che la dipendenza da sostanze sia dovuta a diverse entità, che dipendono da vari fattori, tra le quali la genetica, la risposta individuale del paziente alla droga e i condizionamenti ambientali, cioè a dire: il comportamento di assunzione di sostanze è prodotta dall’interconnessione di tre dimensioni, biologica, ambientale e psicologica. Le ricerche di questi fattori ci hanno permesso di comprendere come le sostanze siano in grado di alterare le strutture cerebrali con compromissione della motivazione, dell’apprendimento e della gratificazione inquadrando molti disturbi e comportamenti. Inoltre, per esempio, le recenti conoscenze delle scienze neurologiche sostengono con molta forza la teoria neurobiologica unitaria che considera analogamente le dipendenze da sostanze e quelle comportamentali.

Voglio solo fare un esempio con i diabetici che assumono insulina, questi pazienti nonostante sanno che non devono assumere zuccheri, di nascosto li assumono, e allora che dovremmo dire: visto che assumete zuccheri, pur sapendo di non doverlo fare, sei solo dei “viziosi” che sottraete un enorme quantità di risorse per essere curati. Ma noi, sappiamo benissimo che il diabetico, pur nuotando in un mare di glucosio (zuccheri), le cellule non lo ricevono e inviano segnali al cervello per assumerli ed è questo il motivo. L’esempio, serve a capire, che le cose vanno capite e solo la conoscenza può indirizzarci a dire cose sensate.

Per concludere credo che la capacità di una società di raffrontarsi serenamente con il problema delle dipendenze e della lotta all’emarginazione in genere testimonia anche il suo grado di civiltà: l’opportunità di accettare ed integrare questi cittadini, da sempre stigmatizzati è uno degli indicatori più inestimabili a garanzia che essa non acceda a politiche illusorie e demolitrici, ma realistiche e efficaci, per ogni singolo soggetto e per la comunità nel suo insieme. La volontà di una società preposta alla tutela la salute e l’integrazione dei suoi giovani è un imperativo morale tassativo. Occorre preferibilmente ridare fiducia in generale a chi vive degli stati di angoscia intollerabile, a chi percepisce l’impressione di rimanere indietro nella caotica corsa dell’umanità, a chi si sente ossessionato dal problema della drammatica alternativa tra la vita e la morte e si sente asfissiato da vissuti di colpevolezza.

Per chi volesse approfondire la storia del metadone cloridrato lo rimando al seguente link

Luigi Stella MD, PhD
Presidente Nazionale Società Italiana Tossicodipendenze (SITD)
7 settembre 2021
© QS Edizioni - Riproduzione riservata