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Cancro. Favo: “Ogni malato costretto a spendere oltre 1.800 euro all’anno di tasca propria per esami, visite e terapie”


Presentati alla Camera dei Deputati i risultati di un’indagine promossa da Favo, Aimac e dagli Istituti Nazionali Tumori di Milano e Napoli. La voce che più sembra incidere sulle spese sostenute direttamente dai pazienti è quella relativa agli esami diagnostici (quasi 260 euro). A seguire: il costo dei mezzi di trasporto (359 euro), le visite specialistiche successive alla diagnosi (126 euro), l’acquisto di farmaci non oncologici (124 euro) e le spese per l’alloggio lontano dalla propria residenza (226 euro). Il presidente De Lorenzo: “I decisori politici intervengano per evitare che a pagare il prezzo più alto siano le fasce deboli della popolazione”.

14 APR -

Una spesa media che sfiora di oltre 1.800 euro all’anno. Per effettuare esami diagnostici e visite specialistiche, sottoporsi a terapie salvavita e vedersi erogati trattamenti quali per esempio la psicoterapia e il supporto nutrizionale che concorrono ad aumentare i tassi di sopravvivenza e la qualità della vita dei malati di cancro. In molti casi a centinaia di chilometri da casa, aspetto che concorre ad aumentare l’aggravio economico per le tasche dei pazienti e delle loro famiglie.

Questo il quadro che merge dall'indagine “I costi sociali del cancro: valutazione di impatto sociale ed economico sui malati e sui caregiver” presentata questa mattina nel corso di una conferenza nella sala stampa della Camera dei Deputati e promossa dalla Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) e realizzata da Datamining, in collaborazione con l’Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici (Aimac), l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e quello di Napoli (Fondazione Pascale).

Una situazione che secondo i curatori dell'indagine “confermano come il Servizio Sanitario Nazionale non sia attualmente in grado di assicurare tempestivamente l’accesso agli esami diagnostici, alle cure oncologiche e al sostegno sociale a tutti i pazienti che ne abbiano bisogno. E la situazione risulta peggiorata a causa delle lunghe liste di attesa”.

“Le persone - hanno detto - si ritrovano infatti (più di prima) a dover ricorrere al pagamento di tali prestazioni di tasca propria, dando la precedenza soprattutto a quelle legate alla diagnosi precoce e ad alcuni trattamenti. E trascurando, a causa delle difficoltà economiche, quelle più legate alla qualità di vita”.

I risultati dell'indagine. Dai risultati della survey, pubblicati su “The European Journal of Health Economics”, sono emerse una serie di criticità rilevanti e diffuse, seppur in maniera disomogenea, in tutto il Paese.

“L’indagine campionaria ha coinvolto quasi 1.300 pazienti in trattamento terapeutico che avevano ricevuto una diagnosi tra il 2011 e il 2018, con l’obiettivo di indagare la misura in cui i malati avessero attinto ai propri risparmi per portare avanti il percorso terapeutico più indicato per la propria malattia – riporta Alessandro Sproviero, CEO di Datamining –. La rilevazione è avvenuta in 39 punti di accoglienza e informazione di Aimac presenti nei maggiori centri di diagnosi e cura del cancro distribuiti equamente sul territorio nazionale e il campione della popolazione in trattamento ha tenuto conto del genere e della sede tumorale”.

Dalle risposte fornite dai pazienti alle 38 domande poste per quantificare le spese (mediche e non) affrontate direttamente per colmare carenze e ritardi del servizio sanitario nazionale, è emerso che mediamente ogni paziente oncologico italiano spende ogni anno 1.841 euro per ricevere prestazioni sanitarie che dovrebbero essere a carico dei servizi sanitari regionali.

“Ancora una volta il lavoro del mondo del volontariato oncologico, con proprie strutture e mezzi, ma con la tradizionale alleanza con gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, ha evidenziato con rigore problematiche che gravano sulla vita dei pazienti oncologici – spiega Francesco De Lorenzo, presidente FAVO e Aimac –. I malati sono consapevoli che le lunghe attese incidono pesantemente sui ritardi diagnostici e si ritrovano obbligati a ricorrere al privato per superarle. L’auspicio è che questi dati convincano i decisori politici a intervenire con immediatezza, per evitare che a fare le spese di queste disfunzioni siano le fasce più deboli della popolazione”.

Messaggio condiviso da Luciano Ciocchetti, Vicepresidente della Commissione Affari Sociali della Camera: “La questione dei costi privati sostenuti dai malati di cancro e dai loro famigliari e caregiver è un tema assolutamente da affrontare. Occorre migliorare la presa in carico dei pazienti dal primo momento, inserendo nel percorso tutti gli esami di controllo richiesti e prevedendo tutti i supporti necessari per preservare la loro qualità della vita. Da questa volontà deriva anche la mia proposta di legge per l’istituzione della figura dello psicologo di base. Questa ricerca aiuterà il Governo, il legislatore e le regioni a occuparsi di queste problematiche in maniera più approfondita”.

“Come modello di welfare - ha sottolineato a sua volta Paolo Ciani, segretario della Commissione Affari Sociali - l'Italia ha sempre puntato sulla salvaguardia della salute dei propri cittadini, con particolare attenzione alle persone più fragili come quelle che si trovano in una situazione di malattia grave come l'oncologia. Lo studio sulle spese socio-sanitarie sostenute dai pazienti oncologici è una preziosa testimonianza della realtà italiana, in cui sicuramente si evidenzia l'importanza di un sistema sanitario che tenta di garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro condizioni socio-economiche. Tuttavia, gli esiti del rapporto ci ricordano anche l'urgenza di affrontare alcune criticità ancora presenti nel nostro sistema sanitario, come la carenza di personale medico, la necessità di rafforzare il sostegno alle famiglie dei pazienti oncologici, assicurare tempestivamente l’accesso agli esami diagnostici e alle cure oncologiche e ultimo ma non meno importante investire sulla medicina di territorio per garantire, laddove possibile, cure a domicilio. In un momento in cui la sanità pubblica è stata messa alla prova dalla pandemia di COVID-19, questo studio ci offre uno spunto di riflessione su come rendere più efficace e sostenibile il nostro sistema sanitario”.



IL CAMPIONE DELLO STUDIO: 1.289 pazienti (464 uomini e 825 donne) di cui 58% provenienti dal Nord e dal Centro Italia, 42% dal Sud e dalle Isole, 910 conviventi o sposati, 379 single, divorziati o vedovi
Componenti famigliari: una persona (189), coppia (176), coppia con figli (776), altro (148)
Periodo in cui è avvenuta la diagnosi: 1985-2012 (192), 2013-2016 (455), 2017-2018 (642)
Fase della malattia: prima linea di trattamento (634), trattamenti successivi o cure palliative (655)

LA QUOTA PIÙ RILEVANTE DELLA SPESA PER ESAMI DIAGNOSTICI E VIAGGI
La voce che più sembra incidere sulle spese sostenute direttamente dai pazienti è quella relativa agli esami diagnostici (riportata dal 51,4 per cento di loro). A seguire: il costo dei mezzi di trasporto (45,1 per cento), le visite specialistiche successive alla diagnosi (45,1 per cento), l’acquisto di farmaci non oncologici (28,5 per cento) e le spese per l’alloggio lontano dalla propria residenza (26,7 per cento).

L’indagine ha evidenziato inoltre che a incidere sulla spesa per la diagnostica (in media: 259 euro all’anno) potrebbero essere anche esami prescritti in maniera inappropriata. E che, non essendo ritenuti necessari in una valutazione che incrocia i costi e i benefici, vengono lasciati a carico dei pazienti. Tra le altre voci di spesa più di frequente rilevate, infine, ci sono l’erogazione di trattamenti di supporto psicologico, i consulti con il nutrizionista, l’acquisto di protesi, parrucche e sedie a rotelle e le visite a domicilio effettuate da medici e infermieri.

“Il servizio sanitario nazionale rappresenta un grande patrimonio, che consente ai cittadini di continuare ad avere accesso alle cure più e meglio che in molti altri Paesi – sostiene Francesco Perrone, direttore dell’unità sperimentazioni cliniche e studi di Fase 1 all’Istituto Nazionale Tumori Fondazione Pascale di Napoli e presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) –. Si tratta di un patrimonio che ha bisogno di essere difeso, ma anche potenziato laddove se ne identifichino inefficienze e carenze. Il suo corretto funzionamento è direttamente connesso alla possibilità di curare al meglio i malati di cancro. Chi affronta la malattia in una condizione di difficoltà economica vede la propria vita condizionata dalla malattia sia in termini di qualità, ma anche, drammaticamente di prospettive di sopravvivenza”.

A SPENDERE DI PIÙ I PAZIENTI DEL CENTRO E DEL NORD ITALIA (MA NON È UN PARADOSSO)
Stando alle conclusioni dello studio, la spesa privata tra i malati di cancro è diffusa soprattutto tra i pazienti che vivono nelle Regioni del Centro e del Nord del Paese.

“I pazienti oncologici italiani nel 2018 hanno sostenuto costi privati rilevanti per integrare le prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale nelle aree della diagnosi, del supporto alla cura e della riabilitazione importanti per l’esito finale, il recupero e la qualità di vita - afferma Roberto Lillini, ricercatore del servizio di epidemiologia analitica e impatto sanitario dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, tra gli autori dello studio –. In particolare, i costi sostenuti per diagnosi tramite strutture private sono risultati particolarmente onerosi, ma non differibili, quando l’alternativa nelle strutture pubbliche implicava attese troppo lunghe a fronte della malattia da diagnosticare o investigare. Questa scelta ha però portato spesso a dover rinunciare ad altri servizi non sufficientemente forniti dal Servizio Sanitario Nazionale, ma comunque importanti per un buon esito della cura e della qualità di vita del paziente. In particolare in situazioni problematiche a livello socio-economico. Il Servizio Sanitario Nazionale dovrebbe quindi potenziare la sua capacità di rispondere ai bisogni insoddisfatti dei pazienti e dei sopravviventi tramite azioni di sanità pubblica che, riducendo le differenze socio-economiche, migliorerebbero le cure lungo tutto il decorso della malattia, dalla diagnosi alla riabilitazione».

“I risultati della nostra rilevazione - ha detto Francesca Traclò, referente dello studio e membro del consiglio direttivo dell’Aimac - confermano che alcune esigenze dei pazienti oncologici rimangono insoddisfatte. Questa situazione accresce le disuguaglianze tra pazienti caratterizzati da status socioeconomici differenti. Una disparità inaccettabile, in presenza di un sistema sanitario pubblico che per sua natura dovrebbe garantire a tutti i cittadini un equo accesso ai servizi sanitari”.

I MENO TUTELATI SONO I PAZIENTI PIÙ FRAGILI
Nell’ampio ventaglio dei pazienti oncologici, ad attingere maggiormente ai propri risparmi sono soprattutto coloro che affrontano la ripresa di una malattia diagnosticata anni prima. Nelle prime fasi di cura, i pazienti oncologici riescono a beneficiare maggiormente dell’offerta del servizio sanitario nazionale. Cosa che accade meno di frequente, invece, nelle fasi successive della malattia.

“I pazienti più vulnerabili sono anche coloro che più spesso mettono mano al proprio portafoglio per curarsi – conclude De Lorenzo. È necessario rafforzare la medicina territoriale, anche in ambito oncologico. Le cure più avanzate è giusto che vengano svolte nei centri di riferimento. Ma una volta superata la fase acuta della malattia, il resto va fatto principalmente sul territorio. I pazienti con una malattia avanzata, anche quando non guariscono, hanno diritto a una vita dignitosa in linea con le opportunità terapeutiche attuali e alla migliore qualità della vita possibile”.





14 aprile 2023
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