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Formazione medica. Allarme dei comitati NumeroGiusto e Domani in Salute: “Rischio medici poco preparati sul piano pratico”


Presentato alla Camera il rapporto sulla formazione di medici, infermieri e professionisti sanitari. Ricciardi (M5S): “Serve una svolta nei decreti attuativi della riforma Bernini”. Calenda: “Non si può intervenire a spizzichi e bocconi”. Cartabellotta (Gimbe): “Università senza risorse, così si rischia il caos”.

17 APR - Nella sala stampa della Camera dei Deputati si è svolta la presentazione del rapporto redatto dai comitati NumeroGiusto e Domani in Salute dedicato alla programmazione della formazione nel settore sanitario. Un confronto acceso e partecipato, che ha visto la presenza di rappresentanti di tutte le principali forze politiche e del mondo della sanità. A lanciare un appello trasversale sul tema è stata la deputata del Movimento 5 Stelle Marianna Ricciardi, che ha supportato sin da subito l'iniziativa: “È il momento di incidere concretamente sui decreti attuativi della riforma Bernini per l’accesso a Medicina. Le scelte di oggi determineranno la qualità dell’assistenza sanitaria per i prossimi decenni”.

Il focus del rapporto è chiaro: l’aumento previsto a 30.000 posti annuali nei corsi di Medicina, se non accompagnato da un adeguato potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale, rischia di generare medici poco preparati sul piano pratico, in uscita dal percorso formativo solo dal 2035. Una tempistica che non risponde alle urgenze attuali, con la possibilità che molti giovani professionisti scelgano di emigrare, orientarsi verso il privato o abbandonare i contesti più critici come i Pronto Soccorso.

A ciò si aggiunge la carenza strutturale di personale infermieristico. Per ogni medico servono almeno tre infermieri di supporto, ma i posti disponibili nei corsi di Scienze infermieristiche restano inferiori a quelli di Medicina. “Un paradosso – si legge nel documento – che mette a rischio l’intera filiera dell’assistenza ospedaliera”.

Carlo Calenda, segretario di Azione, ha puntato il dito contro l’approccio frammentario alle politiche sanitarie: “Non si può continuare a intervenire a spizzichi e bocconi. Serve una visione sistemica, che affronti il nodo dell’attrattività delle specializzazioni, degli stipendi e della carenza cronica di infermieri”.

A fare eco alle preoccupazioni anche Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che ha ricordato come la riforma Bernini preveda un’“invarianza di oneri per lo Stato”, lasciando le università senza risorse per accogliere un numero crescente di studenti. “Così – ha detto – si rischia di compromettere la qualità della formazione. Inoltre, i nuovi criteri di selezione basati su esami universitari rischiano di produrre distorsioni legate alla soggettività dei docenti”.

Anche Gianmarco Petrianni, intervenuto in rappresentanza del sindacato Anaao e dell’associazione Als, ha voluto mettere in guardia contro il rischio di una nuova “pletora medica”, come quella vissuta in Italia negli anni Ottanta e Novanta: “Hegel diceva che l’unica cosa che l’uomo ha imparato dalla storia è che non ha imparato nulla dalla storia. Ecco, stiamo ripetendo errori già visti”.

Sul palco anche esponenti di +Europa, AVS e PD, oltre a numerose associazioni universitarie, a testimonianza di un tema che attraversa trasversalmente l’intero sistema politico. Un consenso unanime su un punto: la programmazione della formazione sanitaria non può essere scollegata dal fabbisogno reale del sistema sanitario e dalla capacità di assorbimento del Ssn.

Il monito lanciato dai comitati è chiaro: senza un cambiamento di rotta, l’Italia rischia di formare medici destinati a non trovare posto negli ospedali pubblici, alimentando l’emorragia verso l’estero o verso il privato, con un costo stimato di oltre 200.000 euro per ogni medico emigrato. Un investimento sprecato, che il Paese non può più permettersi.

17 aprile 2025
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