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Professionisti sanitari emarginati. Di chi la colpa?

di Calogero Spada

12 GEN - Gentile direttore,
Il recente studio del dott. Bozzi fornisce dati e relative riflessioni molto interessanti, che dovrebbero far ragionare meglio i decisori politici, ma anche i dirigenti rappresentativi professionali. Ciò che, pure ad un livello accessorio, emerge dalla analisi è infatti che – stante che «tutte le professioni sanitarie hanno una loro “specificità”» – si realizza la emarginazione di alcune professioni, che resteranno fuori da ogni “giro” (non per proprie colpe o responsabilità) e che quindi non potranno beneficiare o reclamare alcunché.
 
Sembra quindi che, oltre ad un «progetto serio, con il coinvolgimento di tutti gli stake-holder interessati» per cambiare l'intero sistema Salute Italiano, sia anche necessario riformare dall’interno tutte le professioni c.d. “non mediche”.
 
In ordine a tale secondo scopo, proprio in riferimento al «ripensamento dei ruoli e delle responsabilità» ed al «superare definizioni anacronistiche e riferimenti normativi non più attuali», ebbene, il c.2 dell’art. 1 della l. n. 42/99, introducendo il codice deontologico quale ulteriore elemento determinante alla composizione del campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie, dispone – pure implicitamente – che queste stesse professioni, attendendo al continuo perfezionamento e riqualificazione del medesimo codice, che attiene, oltre che alle mere regole di condotta, anche alla “carta d’identità” del professionista (per farsi riconoscere dalla collettività oltre che riconoscersi al suo interno) possano intervenire attivamente presso il Governo – Ministero della Salute, per il tramite dei propri ordini professionali, a promuovere i necessari interventi di ammodernamento, completamento o revisione, non soltanto al livello degli ordinamenti didattici, ma anche in tema di Decreti Ministeriali Istitutivi, che rappresentano la formale individuazione della figura e del relativo profilo professionale di ogni professionista sanitario.
 
Tale potenzialità rappresenta un paradosso, perché non è mai stata presa in considerazione né dalle precedenti federazioni di collegi professionali, né dagli attuali ordini. In tale moto anche i dirigenti delle professioni sanitarie possono rivestire un ruolo determinante, viste le proprie prerogative: essi infatti sono in grado di tenere conto, nella programmazione e gestione del personale dell'area sanitaria, sia delle esigenze della collettività, sia dello sviluppo di nuovi metodi di organizzazione del lavoro, sia dell'innovazione tecnologica ed informatica, anche con riferimento alle forme di teleassistenza o di teledidattica, sia della pianificazione ed organizzazione degli interventi pedagogico-formativi nonché dell'omogeneizzazione degli standard operativi a quelli della Unione europea; purtroppo però la legge di riordino 11 gennaio 2018, n. 3 non ha nemmeno previsto le classi A e B rispettivamente per i laureati magistrali e triennali, impedendo più precisi ruoli e funzioni all’interno degli ordini stessi.
 
Quello cui stiamo assistendo, quindi, è la multiforme conseguenza, da una parte dell’indifferenza delle organizzazioni rappresentative, che anche malgrado l'istituzione delle commissioni d’albo si limitano ad una mera gestione economico-burocratica, scevra dei più interessanti temi politici di autogoverno delle professioni, dall’altra di una incapacità dei singoli professionisti a creare forme associative autonome alternative, ove si possano focalizzare i temi più importanti, quali il superamento delle varie guarentigie mediche: libera professione ed esclusività di rapporto in primis, la citata indennità di “specificità” medica, come anche in materia di contrattualità: adempimento reale di una valorizzazione che al momento resta molto sulla carta o, parafrasando Bozzi, «a parole» e poco nella realtà.
 
In tal senso, contro uno stigmatizzato dualismo del governo, si ha anche una speculare rappresentazione di una strutturata disaffezione e disinteresse dei professionisti stessi, che disertano la partecipazione attiva alla formazione e controllo del proprio establishment rappresentativo, e che rinunciano a fattive forme partecipative alternative, prime fra tutte quelle sindacali, per poi non parlare dei vari esperimenti “social” che ancora non fanno pervenire veri progetti e programmi.
 
Per arrivare, a solo titolo di esempio, alla concretizzazione di proposte già qui lanciate o anche alla realizzazione delle citate «forti integrazioni multi-professionali» si rende necessaria una reale consapevolizzazione dei professionisti sanitari, che non può vedere alcun booster nel «perdurare dell'epidemia di Covid-19 e dopo la Finanziaria 2021 che stanzia esigue risorse rispetto ai medici» come qualcuno ha qui affermato.
 
La consapevolezza, nasce e si alimenta dalla riflessione continua sul pool dei valori alla base dell’esercizio professionale; valori che possono orientare quotidianamente la cultura e l’azione professionale cioè la vision e la mission che concorrono alla creazione di una vera autonomia intellettuale.
Non resta che sperare in tempi migliori …
 
Dr. Calogero Spada
Dottore Magistrale
Abilitato alle Funzioni Direttive
Abilitato Direzione e Management AA SS
Specialista TSRM in Neuroradiologia

 

12 gennaio 2021
© Riproduzione riservata

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