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La “scelta” di vaccinarsi ancora

di Calogero Spada

08 NOV -

Gentile Direttore,
ho letto con il consueto interesse il suo ultimo articolo e non posso non commentare la sua analisi asserendo che gli Italiani saranno pure un popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori e di trasmigratori … , ma certamente hanno anche memoria e coscienza ... molto corte.

A causa di una minoranza (i no vax) sta emergendo sempre più quella che ormai è identificabile come “questione vaccinale” e pertanto vorrei suggerire anche considerazioni aggiuntive alle analisi come la sua, che giustamente mostrano inequivocabili e dettagliati dati ed evidenze.

Partirei dal molto efficace paradosso (peraltro ritenuto invece attualmente “possibile” dal presidente della Fnomceo Anelli) proposto dal dott. Panti sul medico no vax che prescriva il vaccino: la soluzione di tale rompicapo potrebbe trovarsi nella analisi di ruolo del professionista sanitario, che in quanto tale deve basarsi nel proprio operato su un valore da affermare e di fatto riscoprire, che è quello della mera coerenza.


Per almeno tre ordini di motivi:
il primo è dato dalla memoria storica: in effetti i vaccini hanno già inequivocabilmente fatto la differenza nella storia dell’uomo e senza le immunizzazioni saremmo ancora alla mercè di numerose patologie potenzialmente mortali.

Bene, se solo e “seriamente” di evidenze scientifiche dobbiamo tener conto, allora l’unica ravvisabile conclusione è che i vaccini sono un fondamentale intervento di sanità pubblica; se come dice il dott. Panti «La salute rientra nella sicurezza globale», allora nell’interesse di tutti tale intervento deve essere accettato dal singolo come un dovere nei confronti dell’umanità, ben al di sopra anche dei codici deontologici o di ogni atto di indirizzo governativo (ora auspicato da Anelli), che a quanto pare rischiano di diventare strumenti efficaci in mano a titubanti burocrati … ordini professionali inclusi.

Il secondo è qualcosa che da sempre fa funzionare il mondo: la fiducia. Fiducia nel fatto che le sperimentazioni cliniche cui i preparati vengono sottoposti – le stesse di tutti gli altri farmaci cui facciamo largo impiego ed anche svariato abuso – garantiscano l’efficacia e la sicurezza di ogni vaccino.

Fiducia nel fatto che tempi così brevi di sintesi, sperimentazione ed approvazione come quelli occorsi per la pandemia da COVID-19 sono veri primati possibili soltanto grazie alla cooperazione scientifica internazionale, basata su una condivisione del sapere (evidenze scientifiche comprese) che solo qualche decennio fa sarebbe stata estremamente difficile, se non impossibile.

Fiducia nel fatto che l’atto vaccinale stesso è soggetto a controlli medici e che si verificano non pochi casi di raccomandazioni ad evitare o rimandare una vaccinazione (personalmente ne ho potuto constatare una molteplicità di documentazioni).

D’altra parte su cosa altro si baserebbe lo stesso rapporto sanitario-paziente (che include quello medico-paziente) se non sulla fiducia?

Il terzo è una questione di definizione: stiamo parlando da mesi di “obbligo vaccinale”, ma lo stesso indotto dibattito, che peraltro pervenendo all’ambito deontologico inevitabilmente rischia di creare una vera “Babele” tra ordini professionali, dà l’impressione – malgrado ciò che la stessa pandemia ha insegnato – che tutto sia, tranne un vero obbligo.

Tutto quanta questa “teoria delle coerenze” – ce ne sarebbero altre – per dire una cosa sola:

Ho accettato la proposta della ASST per la quale presto la mia opera professionale – azienda che non manco di ringraziare – a sottopormi volontariamente e pur non obbligatoriamente, alla 4a somministrazione di vaccino anticovid-19 ed antinfluenzale.

Potrò accusare un po’ di febbricola come tutte le altre volte, ma potrò essere sicuro per me stesso e per gli altri, dovunque, non soltanto al lavoro.

La mia fiducia si traduce in garanzia.

Dott. Calogero Spada
TSRM – Dottore Magistrale



08 novembre 2022
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